Marco Boato - attività politica e istituzionale | ||||||||||||||||
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Trento, 8 maggio 2012 «Gambizzato Genova: inquirenti valutano la pista anarchica». Così ieri l’Ansa alle 10.52, meno di tre ore dopo l’attentato compiuto a Genova ai danni di Roberto Adinolfi, amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, ferito al ginocchio a colpi di pistola calibro 7.62. “Gambizzato”, recita il linguaggio della cronaca: una parola terribile, rituale negli anni di piombo ma che sembrava definitivamente archiviata. Così non è, purtroppo. Ed è singolare anche l’immediata direzione delle indagini verso gli anarchici: come ai tempi di piazza Fontana, la strage del 12 dicembre 1969 a Milano. E come pochi mesi prima, le bombe del 25 aprile sempre nel capoluogo lombardo, per le quali gli anarchici finirono immediatamente nel mirino. Tra gli arrestati, sei dei quali poi processati nel ’71, anche un bolzanino di appena 19 anni, come raccontato ieri dal Trentino. Salvo poi (ma dopo due anni di carcerazione preventiva) finire tutti assolti al termine di un dibattimento al quale l’impianto accusatorio non resse. Quasi un riflesso condizionato, quello degli inquirenti genovesi. Poi corretto. Lo dimostra un successivo dispaccio Ansa, delle 14.28: «Gambizzato Genova: fonti sicurezza, tecnica brigatista», è il titolo dell’agenzia, che dà conto delle similitudini con azioni delle Br genovesi degli anni ’70, quando dirigenti dell’Ansaldo finirono più volte nel mirino. Dice un investigatore: «È come se avessero voluto dire “ricominciamo come 40 anni fa”». La vicenda degli anarchici accusati delle bombe del 25 aprile, per le quali sono poi stati condannati con formula definitiva gli estremisti di destra Franco Freda e Giovanni ventura, Marco Boato se la ricorda bene. E annunciando per quando tornerà a Trento un proprio intervento su quei fatti (in questi giorni è a Roma), si dice cauto sulla matrice dell’attentato di Genova: «Credo sia opportuno attendere che vi sia una rivendicazione, oppure che gli organi inquirenti riescano a individuare più precisamente l’origine dell’episodio. La cosa che invece più mi preoccupa è il ritorno del terrorismo in una città che in passato è stata teatro di vicende drammatiche. Se il ferimento di Adinolfi si rivelerà legato al suo ruolo di dirigente di Ansaldo Nucleare, sarà ancora più preoccupante: più che agli anni ’60 e agli anarchici, si tratterebbe infatti di un ritorno alle tragedie quasi quotidiane degli anni ’70, quando gli attentati nei confronti di politici, magistrati o esponenti del mondo economico erano un fatto quasi quotidiano». Fu il preludio, spiega l’ex parlamentare verde, «di una successiva estremizzazione che nel giro di qualche anno portò a passare dalla fase delle gambizzazioni, termine orribile, all’omicidio politico. Mi auguro che non avvenga. Sicuramente oggi le condizioni sono molto diverse da quelle degli anni ’70 e ’80: non esiste oggi in Italia una fascia sociopolitica, che allora benché minoritaria era comunque larga, che possa simpatizzare con chi compie attentati terroristici. L’Italia di questi giorni vive però una grave condizione di crisi economica e sociale, mi verrebbe da dire anche una situazione di esasperazione: che da una parte porta purtroppo al moltiplicarsi dei suicidi, che non riguardano più solo i piccoli imprenditori e gli artigiani ma anche gli operai, e dall’altra potrebbe essere vista come un terreno favorevole, da parte di gruppi clandestini, per cercare un’espansione sociale». Utilizzare la crisi per una strategia di lotta armata: questo dunque il pericolo indicato da Boato. «Mi auguro che questi timori siano eccessivi - afferma - e lo ripeto, dal punto di vista politico non vedo le condizioni affinché fenomeni di questo genere possano raccogliere i favori di larghe schiere di militanti e simpatizzanti. Ma, obiettivamente, le condizioni di crisi e di esasperazione sociale su cui anche piccoli gruppi possono innestare il proprio gioco sporco ci sono. Qualsiasi sia la loro matrice politica».
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MARCO BOATO |
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